Memorie taciute

Fausto Tinelli, Lorenzo Iannucci e Valerio Verbano

Milano, 18 marzo 1978. Fausto Tinelli e il suo amico Lorenzo Iannucci stanno tornando a casa. Hanno entrambi diciott’anni, frequentano il centro sociale Leoncavallo, sono appassionati, impegnati e da qualche tempo stanno lavorando a un’inchiesta sul traffico di eroina e gli intrecci tra malavita ed eversione nera nel loro quartiere, al Casoretto. Quel 18 marzo la loro vita sarà per sempre stroncata da un commando di neofascisti appositamente arrivato da Roma per ucciderli. Danila, la madre di Fausto vede tutto dalla finestra: gli spari, le urla, e il corpo di suo figlio a terra, senza vita. Gli assassini lo hanno chiamato per nome, Fausto si è girato e i killer gli hanno sparato otto colpi addosso. Resisterà venti minuti, agonizzante sul marciapiede. Lorenzo, invece, tenta di scappare ma i suoi aguzzini lo raggiungo e gli sparano alla gola. Qualche anno più tardi, il 22 febbraio 1980, tre neofascisti si introducono in casa di Valerio Verbano, studente al liceo Archimede di Roma. Legano e imbavagliano i suoi genitori e aspettano che il ragazzo rientri, per ucciderlo davanti agli occhi di chi lo ha messo al mondo. Carla Rina Verbano, la mamma di Valerio, ha combattuto tutta la vita per arrivare alla verità. Danila e Carla sono vittime senza voce della storia, che piangono i morti con la dignità di chi non si arrende. Donne che hanno attraversato il dolore e hanno trasformato il lutto per i loro figli in una memoria. Donne irriverenti, dal carattere indomabile che hanno tolto il velo d’ipocrisia alle memorie taciute e urlato contro il potere per avere verità e giustizia.