Genomi antichi che descrivono e riscrivono storie di uomini e di bambini.

L'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. seppellì gli abitanti di Pompei sotto depositi di cenere. Analizzando il DNA antico estratto dai resti scheletrici intrappolati nei calchi di gesso di quei corpi, gli studiosi hanno potuto rivedere in modo significativo la loro storia. Le prove genetiche mostrano che i sessi e le relazioni familiari di queste persone non corrispondono alle interpretazioni tradizionali, evidenziando la presenza di diverse culture all’interno dell’Impero Romano. Questi dati, combinati con altri approcci archeologici, ci offrono l’opportunità di approfondire la conoscenza delle vite e dei comportamenti di chi fu vittima di questa catastrofe. Inoltre, studi recenti sul Paleolitico superiore in Italia ci aiutano a capire meglio anche le prime fasi della vita umana. Ad esempio, un bambino trovato nella Grotta delle Mura in Puglia, datato tra circa 17.320 e 16.910 anni fa, ci racconta la sua storia di sviluppo, salute e morte, stimata intorno alle 72 settimane di età. Dai suoi resti si sono potuti identificare tratti fenotipici e una possibile malattia congenita, oltre a evidenziare come la madre avesse avuto poca mobilità durante la gravidanza e un alto livello di endogamia. I dati genetici indicano anche che componenti simili a quelle di Villabruna si diffusero presto in Italia, confermando un ricambio di popolazioni intorno all’Ultimo Massimo Glaciale e una riduzione della variabilità genetica dal Nord al Sud del paese. Tutto ciò ci aiuta a capire meglio le prime fasi della vita e il puzzle genetico della penisola italiana in quel periodo storico.